Concordati tra Stato e Chiesa

Il primo Concordato tra lo Stato italiano e i vertici della Chiesa cattolica fu stipulato nel 1929 all’interno dei cosiddetti Patti Lateranensi, comprendenti anche un Trattato: con il Trattato nasceva lo Stato della Città del Vaticano, con il Concordato si stabilivano le relazioni sociali ed economiche tra lo Stati italiano e la Chiesa Cattolica riconosciuta come “sola religione dello Stato”; in particolare l’art. 29 del Concordato introduce l’equiparazione, dal punto di vista tributario, degli enti ecclesiastici agli enti di beneficenza, e l’art. 20 rende le merci in transito verso la Santa Sede e i suoi uffici in territorio italiano esenti da dazi.

Il concordato venne recepito nella Costituzione della Repubblica Italiana e venne successivamente modificato dagli accordi del 1984, che da un lato eliminavano il carattere esclusivo della religione Cattolica e dall’altro aumentavano i privilegi di cui già godeva.

Otto per mille

La legge che consente alle religioni che hanno stipulato un’intesa con lo Stato di ricevere una parte del gettito IRPEF, in sostituzione del precedente meccanismo della congrua riservato alla sola religione Cattolica, è la 222/1985 scaturita dal secondo Concordato. L’art. 47 ne descrive il meccanismo, specificando che la Chiesa Cattolica è comunque l’unica ad avere il diritto di percepire ogni anno un acconto sulle somme dell’anno successivo. L’art. 49 prescrive che una commissione “dovrebbe” rivedere triennalmente gli importi.

La legge contiene anche un intero titolo, il III, che istituisce un fondo per gli edifici di culto; tale fondo assorbe altri fondi e patrimoni preesistenti ed ha come scopo la tutela e la conservazione degli edifici di culto, composto per la quasi totalità da chiese cedute in comodato d’uso gratuito.

I.M.U.

Il Dlgs n. 23/2011 ha introdotto una nuova imposta sugli immobili, l’Imu, che, modificata in seguito con l’approvazione della legge n. 214/2011, ha di fatto sostituito la vecchia Ici. L’introduzione delle esenzioni a favore della Chiesa arriva però in un secondo momento, e precisamente con il cosiddetto “decreto liberalizzazioni” emanato il 24 gennaio 2012 e convertito in legge n. 27/2012; nella conversione è stato infatti introdotto un articolo 91-bis che ribadisce le esenzioni all’Ici limitatamente alle attività svolte con “modalità non commerciali” e per la sola parte in cui queste si svolgono, demandando ad un regolamento successivo le procedure per la loro determinazione. Il regolamento del Ministero dell’Economia è arrivato il 19 novembre 2012 fissando tutta una serie di principi che sembrano ritagliati su misura per le attività ecclesiastiche in Italia.

Agevolazioni fiscali generiche

Il D.P.R. 601/1973 introduce diverse agevolazioni fiscali per la Santa Sede e la Chiesa cattolica. In particolare l’art. 2 esenta la Santa Sede dal pagamento di imposte sui redditi dei propri fabbricati, l’art. 3 fa lo stesso con le retribuzioni elargite a ogni titolo e l’art. 6 comma c) riduce del 50% le imposte sui redditi (IRES e IRAP) agli enti con fine equiparato a fini di beneficenza e istruzione. Quest’ultimo articolo è stato sostituito dall’art. 66 comma 8 del Decreto legge 331/1993, convertito in legge 427/1993, che ne conferma e amplia la portata.

I.R.E.S.

L’IRES è regolamentata dal T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, emanato con il DPR 917/1986 e successivamente modificato dai Dlgs 247/2005, dal Dlgs 252/2005, e dalle Leggi 248/2005 e 266/2005). L’articolo 149 del T.U.I.R. specifica al comma 1 che nel caso in cui l’ente eserciti prevalentemente attività commerciale perde automaticamente la qualifica di ente non commerciale. Il comma 4 introduce però l’eccezione per gli enti ecclesiastici e per le associazioni sportive dilettantistiche. L’art. 100 comma 2 lettera d) introduce inoltre il diritto alla deduzione dal reddito degli oneri per spese di manutenzione e restauro dei beni culturali di interesse religioso di cui all’art. 19 del Decreto legislativo 490/1999, e il comma 1 dello stesso articolo consente di dedurre le spese relative a opere e servizi fruibili dai dipendenti per finalità di (tra le altre cose) culto.

I.R.A.P.

L’imposta è stata istituita con Decreto legislativo n. 446/1997. L’art.10 comma 1 prevede che la base imponibile per gli enti non commerciali sia calcolata su base retributiva e che da questa, come confermato dalla risoluzione 12/2000 del Ministero delle Finanze, vanno escluse remunerazioni e congrue dei sacerdoti.

I.V.A.

L’Imposta sul Valore Aggiunto è stata istituita con DPR 633/1972. Il comma 4 dell’articolo 4 considera effettuate nell’esercizio d’impresa solo le cessioni nell’ambito di attività commerciali ad esclusione da quelle effettuate per finalità istituzionali di varie tipologie, tra cui anche quelle religiose. Il comma 7 limita questa esenzione agli enti conformi a determinate clausole, tra cui quella della democraticità da cui vengono però successivamente esentate nel comma 8 le associazioni religiose.

Oneri di urbanizzazione secondaria

I destinatari dei proventi degli oneri di urbanizzazione versati all’amministrazione comunale come contributo per il rilascio del permesso a costruire si dividono in primari e secondari. Il comma 8 dell’articolo 16 del DPR 380/2001 stabilisce che gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi anche a chiese ed edifici religiosi (insieme a scuole, aree di verde pubblico, delegazioni comunali, eccetera).

Beni culturali appartenenti alla Chiesa

Con il DPR 78/2005 lo Stato adotta una nuova intesa tra Stato e Chiesa, che sostituisce una precedente intesa del 1996, che ha come oggetto la manutenzione dei beni culturali mobili ed immobili di interesse religioso che sono di proprietà di enti e autorità ecclesiastiche. In buona sostanza l’accordo prevede che lo Stato si faccia carico di ogni onere finanziario e che la Chiesa si impegni a garantire l’accesso a tali beni da parte del pubblico.

Insegnamento della religione cattolica

L’insegnante di religione cattolica nelle scuole italiane era sempre stato un precario fino al 2003 perché di fatto nominato dal Vescovo, e in quanto tale, in virtù dell’articolo 7 della legge 831/1961, gli veniva riconosciuto un aumento dello stipendio base del 2,5% ogni due anni (successivamente abolito dal CCNL di categoria per tutti tranne che per gli insegnanti di religione). Successivamente l’articolo 53 della legge 312/80 ha introdotto una progressione di carriera per gli insegnanti di religione, e allo stesso articolo fanno riferimento il comma 8 dell’articolo 2 del DPR 209/87 prima, e il comma 7 dell’art. 3 del DPR 399/88 dopo, per introdurre il principio della ricostruzione di carriera per gli insegnanti di religione, che in pratica conferisce loro il diritto di avere uno stipendio equiparato a quello dei colleghi con contratto a tempo indeterminato. Con la legge 186/2003 gli insegnanti di religione sono stati immessi in ruolo, ma l’articolo 1-ter della legge 27/2006 ha permesso loro di conservare comunque gli aumenti acquisiti, che vanno a sommarsi agli scatti di anzianità spettanti con l’immissione in ruolo, e l’informativa 166/2009 diramata dal Ministero delle Finanze estende il calcolo degli aumenti all’intera retribuzione.

Scuole non statali

Con la legge 62/2000 è stata istituita la cosiddetta parificazione scolastica, che di fatto consente di scavalcare il dettato costituzionale che vieta allo Stato di finanziare le scuole private introducendo il “sistema nazionale di istruzione”, comprendente sia le scuole a diretta gestione statale che le paritarie. Le borse di studio vengono assicurate, mediante detrazione fiscale, anche agli studenti delle paritarie (art. 10). L’articolo 8 della legge prevede che alle scuole che si configurano come enti non commerciali venga applicato il relativo regime fiscale che esclude dalla base imponibile contributi dello Stato e fondi raccolti mediante campagne e celebrazioni (articolo 143 comma 3 del T.U.I.R.).

Il buono scuola per gli alunni iscritti alle scuole paritarie venne istituito, per il triennio dal 2003 al 2005, dal Decreto interministeriale dei Ministri dell’Istruzione e delle Finanze così come disposto dal comma 7, dell’articolo 2, della finanziaria 2003 modificato dall’articolo 13 del Decreto legge n. 147/2003.

Oratori

La legge 206/2003 ha conferito agli oratori lo stato di opere di urbanizzazione secondaria esentandoli dal pagamento dell’ICI. Inoltre la legge conferisce agli oratori il diritto di ricevere beni mobili e immobili in comodato d’uso, e da alle regioni la possibilità di erogare contributi agli.

Cappellani nelle Forze Armate

La legge 512/1961 istituisce il servizio di assistenza spirituale nelle forze armate della Repubblica. Tale servizio è a totale carico dello Stato, dalla retribuzione alla pensione, e i cappellani vengono inquadrati con il grado minimo di tenente. All’Ordinario militare spetta il grado di generale di corpo d’armata.

Cappellani nella Polizia di Stato

Il diritto di istituire un servizio di assistenza spirituale nella Polizia di Stato indipendente da quello nelle Forze Armate viene stabilito già dalla legge 121/81 all’articolo 69. Il DPR 92/1991 recepì la prima intesa attuativa del 21 dicembre 1990, ma venne in seguito sostituito dall’intesa del 9 settembre 1999 recepita con DPR 421/1999.

Cappellani nelle carceri

Anche negli istituti carcerari è prevista la figura del cappellano, con relativo ispettorato, e sempre a totale carico dello Stato, TFR e pensione compresi. Le leggi di riferimento sono la 323/1963 per l’ispettore e la 68/1982 per i cappellani (che sostituisce il Regio decreto n. 1758 del 30 ottobre 1924).

Assistenti religiosi negli ospedali

In base all’articolo 35 del DPR 128/1969 gli ospedali sono obbligati a dotarsi di un servizio di assistenza religiosa cattolica a proprio carico. Per altre confessioni la direzione sanitaria provvede su richiesta dell’infermo.

Previdenza sociale

Per il clero ed i ministri di culto è stato istituito un apposito fondo pensionistico con legge 903/1973; modifiche successive al fondo, e in particolare all’importo del contributo statale definito nell’articolo 21, sono intervenute con l’articolo 4 della legge 54/1982 e l’articolo 42 della legge 488/1999. L’accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede del 16 giugno 2000, successivamente recepito con la legge 244/2003 con relativo impegno di spesa (art. 3 comma 1), garantisce ai dipendenti del Vaticano e di enti centrali della Chiesa Cattolica, e ai loro familiari, trattamenti assicurativi e pensionistici.

Pubblicità

Il Dpr 639/1972 prevede numerose agevolazioni tariffarie per affissioni e insegne a contenuto religioso.

Contributi ad emittenti radiofoniche

La finanziaria 2005, convertita in legge 311/2004, all’articolo 213 fissa in un milione di euro il contributo alle radio di cui al comma 190 dell’articolo 4 della legge 350/2003. Quest’ultima legge (la finanziaria 2004) al tale comma individua le “emittenti radiofoniche nazionali a carattere comunitario”, che allo stato attuale sono solo due: Radio Maria e Radio Padania.

Consumo idrico della Santa Sede

Lo Stato di Città del Vaticano ha diritto, in forza dell’articolo 6 del Concordato del 1929, ad una “adeguata dotazione di acque in proprietà”. Nulla viene stabilito in merito agli oneri accessori e allo smaltimento delle acque reflue, e questo porta in seguito ad un contenzioso con l’Acea, ente gestore, che il governo italiano risolve con il comma 13 dell’articolo 3 della legge 350/2003 (vedi paragrafo precedente). Il DPCM del 23 aprile 2004 fissa importo e modalità di calcolo di quanto dovuto dallo Stato all’Acea; in particolare viene erogata la somma di 17,3 milioni di euro per il ripianamento dei debiti dal 1998 al 2003, al netto del contributo anno di 1,1 milioni di euro versati dalla Santa Sede.

Consumo energetico della Santa Sede

Per i consumi dell’elettricità, il Vaticano gode dell’esenzione su IVA e accise, sulla base dell’articolo 71 del D.P.R. n. 633/1972 e successive modifiche ed integrazioni. Secondo un articolo del Corriere della Sera lo Stato italiano garantisce una fornitura di energia elettrica per un valore di circa 6,75 milioni di euro l’anno.

Imprese sociali

Un’impresa sociale è un’impresa che offre beni e servizi senza la possibilità di redistribuire i suoi utili e godendo della limitata responsabilità patrimoniale dei suoi soci. Questa forma d’impresa è regolamentata dal Decreto legislativo 155/2006 che al comma 3 dell’articolo 1 consente agli enti religiosi di diventare impresa sociale anche solo parzialmente (normalmente solo gli enti democratici possono acquisire il titolo di impresa sociale).