Questa è forse la voce più difficile da stimare. Esiste infatti tutta una serie di interventi sociali, di competenza sia statale, sia locale, per fronteggiare la povertà, il disagio sociale, la tossicodipendenza, l’Aids, l’arrivo di migranti, i disabili, fino all’attività sportiva, che sono generalmente dati in appalto (in convenzione, ma non sempre) a organizzazioni cattoliche, o che addirittura sono svolti all’interno degli oratori o di altre strutture parrocchiali. Che apparentemente vengono svolti senza fini di lucro, ma che costituiscono comunque una voce in perdita per lo Stato.

Per esempio, Sofia Basso, su Left del 29 maggio 2009, ha scritto degli «alti rimborsi richiesti dalle strutture del privato-sociale, in prevalenza cattoliche: al costo medio giornaliero per ragazzo di 77 euro delle comunità di accoglienza pubbliche, le private contrappongono rette giornaliere medie di 324 euro per ogni minore assistito». La sola convenzione con la comunità terapeutica “Opera Pia Miliani di San Severino Marche per l’assistenza a pazienti tossicodipendenti” costa alla Regione 155.000 euro l’anno. L’articolo di Giovanna Cracco su Paginauno ricorda inoltre come la procura di Potenza abbia aperto un’inchiesta «sulla cooperativa La Cascina – facente parte del Consorzio Gruppo La Cascina, un colosso che supera i 200 milioni di fatturato l’anno e vicino a Comunione e liberazione – che sembra essersi aggiudicata l’appalto del Centro di Policoro, in provincia di Matera, senza aver nemmeno depositato presso la prefettura i documenti obbligatori comprovanti l’idoneità dell’edificio». Il tutto grazie ad amicizie politiche, pure indagate. Infine, un articolo di Giuseppe Pipitone sul Fatto Quotidiano ricorda quanto il mondo cattolico sia impegnato (guadagnandoci sopra) nei centri di accoglienza per immigrati. Come mostra la relazione della Corte dei Conti sul Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, sono gli enti della Chiesa cattolica a farla da padrone nella “spartizione” di parecchie centinaia di milioni: stando ai dati più aggiornati diffuso dal governo, siamo ormai arrivati a quasi due miliardi.

A coloro che ribattono che è un’attività meritevole senza fini di lucro, ricordiamo sia il gigantesco conflitto d’interessi sottostante, sia le problematiche ruotano intorno a questo business, anche giudiziarie. Non vanno infatti dimenticati, per esempio, i numerosi processi che hanno coinvolto don Cesare Lodeserto per aver distratto milioni di euro, ottenuti da comuni e amministrazioni pubbliche, in favore del centro di accoglienza Regina Pacis, da lui diretto. Secondo la Cassazione, il religioso non era tenuto ad alcuna rendicontazione: dunque, trattenendo per uso privato fondi pubblici, non avrebbe nemmeno commesso reato. Del resto le organizzazioni legate alla Chiesa riescono ad avere assegnazioni anche quando sono sotto indagine, come ha mostrato L’Espresso. La predilezione per il volontariato cattolico porta sempre a decisioni che finiscono per favorirlo, anche nei casi più impensabili: per esempio, il milione e settecentomila euro raccolti ogni anno con le monetine gettate nelle fontane romane, che finiscono alla Caritas diocesana, come le somme alcuni Comuni del Veneto sottraggono ai mendicanti. A Imola persino il servizio di pre e post scuola è gestito da organizzazioni religiose. In Sicilia si è deciso di creare centri di raccolta rifiuti nelle parrocchie.

L’Uaar ha cercato sui siti delle più importanti organizzazioni cattoliche i relativi bilanci, al fine di verificare quanto incidono gli stanziamenti pubblici, ma i dati trovati sono pochi, datati e spesso criptici: del resto la resistenza a pubblicare i bilanci viene in primis da diocesi e parrocchie, come ha ammesso anche il giornalista di AvvenireRoberto Beretta (cfr. Ultimissima del 9 novembre). Si può tuttavia evidenziare, a mo’ di esempio, che la sola Fondazione Banco Alimentare, una struttura della galassia di Cl che si occupa della raccolta e della distribuzione da enti pubblici e privati delle eccedenze alimentari da affidare agli enti caritativi sparsi sul territorio (e quindi non svolge alcun servizio in convenzione), nel solo 2008 ha raccolto proventi da enti pubblici per 3.818.066 euro.

È dunque lecito ritenere che il favore sussidiaristico che spinge i dirigenti pubblici a favorire le organizzazioni cattoliche, anche quando non competitive, anche con pesanti ipoteche giudiziarie, nella stipula di convenzioni per lo svolgimento di incarichi di conclamata competenza pubblica, comporti un profitto per le stesse, e quindi un corrispondente esborso di denaro pubblico, valutabile in almeno 300 milioni.